28 dicembre 2014

Nasce la nuova parrocchia S. GIOVANNI XXIII a Levski @ Pоди се нова енория СВ. ЙОАН XXIII в Левски

Lo scorso 25 dicembre mons. Petko Hristov, vescovo di Nicopoli, ha presieduto la solenne liturgia natalizia delle ore 10.00 nella città di Levski. Durante la celebrazione mons. Petko ha costituito ufficialmente la comunità cattolica di Levski come "parrocchia" della Diocesi di Nicopoli. D'ora in poi essa porterà il nome di "San Giovanni XXIII". Insieme a lui ha concelebrato padre Remo Gambacorta, primo parroco della nuova parrocchia. Grande è stata la gioia dei fedeli accorsi per celebrare la natività di Cristo.
La festa è iniziata con l'ingresso solenne dei fedeli della comunità nella nuova cappella parrocchiale, cantando "Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed in esso esultiamo!". All'inizio della messa il vescovo Petko ha benedetto le pareti e i quadri della cappella, dopodichè ha letto il decreto di costituzione della nuova parrocchia nella città di Levski. In esso è prevista la festa patronale annuale, da celebrarsi l'11 ottombre, giorno della memoria liturgica di San Giovanni XXIII. Poi ha consacrato l'altare della cappella.

27 dicembre 2014

Ponti della memoria: anno nuovo, vita nuova

Ho la gioia di pubblicare qui il primo numero del nuovo notiziario del Centro Culturale Eugenio Bosilkov di Belene.
E' un lavoro un po' artigianale (chiedo scusa per eventuali errori...), ma penso che sia un buon inizio.
Per ora l'edizione italiana sarà solo in formato elettronico, mentre a gennaio arriverà quella cartacea in bulgaro. In questo primo numero abbiamo raccolto le parole e le immagini del grande evento che si è svolto a Belene lo scorso 15 novembre, in occasione della Festa dei Martiri bulgari.

Colgo l'occasione per augurare a tutti un Santo Natale ed un Felice Anno Nuovo.

p. Paolo Cortesi,
tra le altre cose anche
curatore di cosebulgare



4 dicembre 2014

Такос чудо никога не е имало! Un miracolo così non si è mai visto!

Pubblichiamo qui, in italiano e bulgaro, gli interventi che abbiamo ascoltato a Belene durante l'inaugurazione della piazza e del monumento dedicati a san Giovanni Paolo II.
E' stato davvero un momento molto bello e significativo, al quale han partecipato oltre un migliaio di persone.

Buona lettura!

B E L E N E - 15 Novembre 2014
Benedizione della Statua di San Giovanni Paolo II

Saluto di Mons. Anselmo Guido Pecorari, Nunzio Apostolico in Bulgaria

Carissimi fedeli cattolici, qui convenuti a Belene, assieme a persone di altre confessioni religiose e di altri credi ideologici.
Carissimi Vescovi, Sacerdoti, Religiosi, in particolare della Congregazione dei Passionisti. Distinte Autorità Civili e altre Autorità dello Stato.
È per me una gioia e onore benedire questa statua dedicata a Santo Papa Giovanni Paolo II.
Come sapete egli ha visitato Bulgaria nel 2002, ha beatificato a Roma il Vescovo Mons. Eugenio Bossilkov, ed a Plovdiv i sacerdoti Pavel, Kamen, Josafat. Questi tre atti lo uniscono profondamente e per sempre alla nazione Bulgara.
Prima di svolgere il mio servizio come Nunzio Apostolico in Bulgaria, io ho collaborato quotidianamente e direttamente, in Segreteria di Stato, con il Santo Giovanni Paolo II. In tale periodo ho partecipato e offerto la mia collaborazione alla realizzazione dei suoi progetti e delle sue iniziative. Posso dirvi che già nel 1992 Egli aveva in animo di visitare la Bulgaria e di Beatificare i martiri che ho sopra menzionato.
Siamo vicini al grande fiume Danubio che attraversa Europa da Occidente a Oriente e che ha visto, sulle sue rive, scorrere vicende belle e tristi per tutta l’Europa.
Non posso tacere quello che San Giovanni Paolo II ha compiuto, fin da giovane, per opporsi ai totalitarismi che hanno insanguinato il XX secolo. Egli sognava, e lo diceva continuamente nei suoi discorsi, soprattutto prima del 1989, un Continente Europeo, unico. Affermava che l’Europa avrebbe dovuto respirare con due polmoni, ugualmente importanti e necessari, fondati sulle comune radici cristiane. Egli ha potuto vedere solo in parte la realizzazione di questo suo profondo desiderio.
Ora la sua immagine rimarrà qui a Belene, come segno dell’incontro delle civiltà di oriente e di occidente, vicino a luogo in cui hanno versato il loro sangue i nostri cari martiri, in nome della loro fede in Dio e della loro aspirazione a un mondo più fraterno e migliore. Tuttavia l’immagine più bella non è questa statua, ma è quella che è stampata dentro di noi. In noi vediamo il volto e la persona di San Giovanni Paolo II, riascoltiamo ancora oggi le sue parole.
Chiediamogli, nella preghiera, che egli interceda per la Chiesa Cattolica presente in Bulgaria, per tutta questa cara nazione e per il suo popolo, e perché si realizzi il sogno del grande santo Papa di avere un Europa sempre più unita, pacificata, aliena da totalitarismi e profondamente radicata nella fede cristiana.

2 dicembre 2014

Non si diventa martiri casualmente - Не се става мъченик случайно.

Pubblichiamo qui l'omelia che p. Valter Gorra (superiore dei Passionisti in Bulgaria e parroco della Cattedrale di San Paolo della Croce a Russe) ci ha donato durante la festa dei martiri bulgari vissuta a Belene lo scorso 15 novembre.

Cari fratelli e sorelle in Cristo,
l’odierna festa dei beati martiri bulgari Eugenio, Kamen, Pavel e Iosafat, fucilati a Sofia la notte tra il 10 e l’11 novembre 1952, ci dona la possibilità di una meditazione profonda sul significato del martirio cristiano e lo faremo ponendo la nostra attenzione su alcuni punti che svilupperemo brevemente.
Ma innanzitutto iniziamo con l’aspetto che il termine stesso di martirio in greco vuole significare: testimonianza.
Capiamo tutti e subito che nel cristianesimo parliamo di testimonianza a Cristo e di essere a Lui fedele in vita sino alla donazione di essa in nome di Cristo.
Il martirio quindi risulta essere una riuscita da parte dell’uomo a resistere alla tentazione di abbandonare Cristo e di evitare di seguire “altro” diverso da Cristo.
Il martirio rappresenta sicuramente il più alto grado della santità, tanto che nei processi di beatificazione non vi è bisogno del miracolo interceduto dal martire. Il martirio stesso è prova sublime della santità. Perché non si diventa martiri casualmente. Senza una forte vita di fede non si riesce ad affrontare il martirio. Senza una forte e intima unione con Cristo durante la vita, non si affronta il martirio e non si risponde con fedeltà a Lui in quel momento così difficile e doloroso.
Se non si è capaci di portare le piccole croci quotidiane, non si riuscirà a portare la Croce di Cristo e salire con Lui per essere con Lui crocifissi.
Chi non vive in Cristo non potrà sicuramente testimoniarlo accettando il martirio.
E se è vero parzialmente che il martirio è un buon risultato ottenuto da parte dell’uomo, non ci si deve dimenticare che innanzitutto è opera e dono di Dio.
Perché il martirio si può comprendere ed accettare solo alla luce della Croce salvifica e redentrice di Cristo, alla luce del vero Seme che muore per portare frutto.
A Gesù era chiaro il cammino da percorrere e ne parla apertamente ai suoi discepoli: In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto (Gv 12,24).
Gesù nel Vangelo di Luca mostra appieno la sua decisione, in quel passaggio che è la svolta della sua missione (nel capitolo 9 al versetto 51): mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme.
L’andare di Gesù a Gerusalemme dimostra una sua decisione di portare sino in fondo la sua missione che è quella di salvare tutti gli uomini, sino alla morte e alla morte di croce.
La morte di Gesù ancor prima di essere stata decisa da un tribunale umano, era già dono di sé, della sua vita, da parte di Gesù stesso. Come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: Nessuno mi toglie la vita, ma io la depongo da me (Gv 10,18).
Su questa linea anche i quattro beati che oggi festeggiamo non sono stati semplicemente uccisi, ma hanno avuto la volontà di donare la loro vita ad imitazione di quella di Cristo. Sarebbero potuti scappare, il beato Eugenio sarebbe potuto rimanere a Roma, come consigliato dai confratelli passionisti, avrebbero potuto accogliere le richieste a loro fatte dal regime. Niente di tutto questo. Hanno donato la loro vita, tutta, completamente, sino alla morte.
Hanno voluto essere come Gesù decisi di dirigersi verso la loro Gerusalemme, il loro Calvario, la loro Croce.